E poi, aggiungerei, ci sono Le club noir e il loro omonimo album, con l’aroma, il tiro e l’atmosfera che sono quelli caratteristici dei primi Afterhours, un amalgama rock popolare densa di melodie e ostilità che si trattengono per cena nella testa facendo cantare e canticchiare a lungo.
Ma il piccolo grande neo di questa succosa produzione Mono Records è che le analogie con la Banda Agnelli non si limitano all’aspetto dell’arrangiamento, perché l’approccio al canto (specie nelle belle Morire di noja e Treno di mezzanotte) fa sembrare il club nero una succursale dei colleghi milanesi. Senza voler oltraggiare un buonissimo lavoro di mixaggio (ascoltare Un crepuscolo qualunque) e di parole (alzare il volume di Ci sarò), nel complesso i rimandi sono tanto inevitabili quanto necessari. Nonostante la brutalità di questo mestiere che porta a vomitare sentenze, il disco è senz’ombra di dubbio un prodotto squisitamente rock’n’roll, con tutta la polemica, la cruda ironia, la rabbia e gli slogan che richiede il genere. - Giacomo Gelati
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