martedì 4 ottobre 2011

The Zen Circus - Nati Per Subire

Esce l’11 ottobre Nati per Subire, il settimo disco degli Zen Circus.
Li avevamo lasciati alla folgorante prova tutta in italiano di Andate tutti affanculo, disco acclamato dalla critica, amato dai fan e dovutamente correlato dal miglior tour dell’anno (premiato al P.I.M.I. 2010).
Li ritroviamo qui, Nati per Subire, ma non per questo disposti ad accontentarsi di questa definizione.
Sempre più combattivo, ma anche maturo e se vogliamo imborghesito, il trio pisano in questo disco ha fatto le cose in grande, producendo suoni ricchi, quasi sontuosi, senza però mai rinunciare a quel sound scanzonato e sorprendente per cui si distingue. Chiudendo gli occhi li si può già vedere a calcare i palchi di tutto il Paese che sembra una scarpa, affiatati, precisi e dilaganti come sempre.
Ciò non toglie che questo disco sia (lo si sapeva già) affollatissimo di ospiti celebri. Li si riconosce qua e là, dall’intro di Gabrielli, al banjo de il Pan del Diavolo in Ragazzo Eroe, dal violino suonato a requiem di Manzan, al caldo e rassicurante “fatevi fottere” di Giorgio Canali ne La democrazia semplicemente non funziona. Ad Alessandro Fiori, invece, è toccato il ritornello di Franco, a cui dà il suo inconfondibile tocco dolce amaro, che si adatta perfettamente al racconto di una strenua sopravvivenza ai confini della dignità.
Imborghesiti ma non per questi stanchi, gli Zen Circus non risparmiano nessuno, e montano sulle canzoni testi affilati e brutali, a pennellare l’Italia del lassismo, l’Italia che s’è fatta fregare, quella col megaschermo e le calze bucate.
Ce n’è per tutti: dalla gioventù debosciata de Il mattino ha l’oro in bocca o semplicemente complice della sua stessa rovina in Ragazzo Eroe, allo stacanovismo aberrante e grottesco della travolgente (e un po’ paracula) Milanesi al mare. Se la prendono con la democrazia e con i suoi paradossi, decretandone la morte in una ballata dichiaratamente ispirata a Giorgio Canali ma anche estremizzandone le conseguenze culturali, nella spietata (e bellissima) I qualunquisti, in cui maggioranza di governo ed opposizione smettono di essere distinguibili, in una superficialità abbagliante che giunge a confondere Hitler e Gandhi. Poi c’è la religione come lascia passare per le peggiori abiezioni nel primo singolo estratto, L’amorale. Trova anche spazio (e ne gioiamo) il ruolo della donna, con poca retorica e tanto realismo, nel caustico inno al bigottismo che è Nati per Subire.
Undici tracce a raccontarci il Paese dei paradossi, delle pigrizie ideologiche e delle brutture più recondite. Undici storie, pochi proclami, tanta voglia di dire le cose come stanno. Un disco che si chiude con uno sparo, un’esecuzione. Che l’Italia non sia rianimabile? Noi pensiamo di sì. E Nati per Subire vi contribuisce, inserendosi con decisione nel solco culturale di una classe di artisti maturi e consapevoli ma non per questo accondiscendenti.
Avercene in radio!

- Cioppy

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