giovedì 5 maggio 2011

A cosa servono gli amori infelici


Il libro d'altri tempi di Gilberto Severini

Quando arriva il Premio Strega in qualche modo ci finiamo tutti sotto: leggiamo i candidati, chi li presenta, i titoli, i nomi e ci facciamo sedurre dal volume che, più degli altri, sembra fatto per noi.
E' una specie di gioco a cadenza regolare, annuale, al quale nemmeno chi è giustamente scettico nei confronti del Premio riesce mai a sottrarsi.
Come si poteva quest'anno, dunque, resistere a un titolo come A cosa servono gli amori infelici? Il libro, edito da Playground, casa editrice raffinata quanto poco nota ai più, è una storia di formazione al contrario scritta dal non più giovane autore marchigiano Gilberto Severini.

Un uomo di circa sessant'anni, ricoverato in ospedale in attesa di una delicata operazione alle coronarie scrive alcune lettere, che sono poi la cornice formale del romanzo, ripercorrendo a ritroso la sua esistenza fatta di rinunce e di errori nonchè di una sostanziale incapacità di comprenderne gli snodi fondamentali.
Nulla di scontato quanto ci si potrebbe figurare: una storia costruita in modo caleidoscopico, capace di rinunciare alla banalità dell'illuminazione sul letto di morte poichè qua non c'è letto di morte e nemmeno illuminazione finale. La vicenda affonda invece in un mare di borghesia irredenta: borghese il protagonista e borghese la sua vita, fatta di scelte borghesi e, in fondo, di un altrettanto borghese viaggio à rebours.
"A cosa servono gli amori infelici" non è seguito da alcun punto di domanda, ma di questo ti accorgi solo quando sei già pienamente immerso nella vicenda: l'amore infelice, è un'affermazione, serve, è necessario quanto lo scontro con la verità, quella che il protagonista rifugge per paura e attaccamento a convenzioni intime ancor più che sociali. Ecco che allora si scopre un uomo più che maturo che non ha avuto il coraggio di scegliere e di comprendersi emotivamente, scappando dall'amore e dai legami per rifugiarsi in una sessualità volgare, tanto sporca in profondità quanto rassicurante in apparenza, privandosi dei rapporti umani più desiderati.

Severini costruisce una storia comune dandole una forma inconsueta e spiazzante per lucidità e attenzione. Il protagonista attraversa con la sua storia alcuni angoli della Storia italiana che sono pretesti per evidenziare di volta in volta sconfitte e fallimenti intimi nei quali sarà facile, per ogni lettore, riconoscersi almeno un po'.
Il confine tra il bene e il male stravolge i due campi assottigliandosi più del previsto mostrandoci forme di corruzione ormai universalmente riconosciute - come quelle all'interno del clero - alle prese con ben più innervate corruzioni dell'Io, del singolo, della coscienza di sé.

Una piccola opera d'altri tempi, per varietà di ritmi e riferimenti - cinema, letteratura, musica - più che linguistica capace di procedere per campi e controcampi, mostrandoci sempre l'altra possibilità, il doppio: la codardia/il coraggio, l'esposizione di sé/la fuga, la passione/la rinuncia.
Severini vince raccontandoci tutti e allontanandoci tutti, portandoci talvolta dalla parte di chi rinuncia e in altri casi nel lato selvaggio di chi sceglie di partecipare. Di certo, già si sa, non si aggiudicherà lo Strega ma vi farà ugualmente molto bene.

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Alla fine l'innamorato guarisce, ma sa di aver perduto qualcosa. Un po' del suo slancio e della sua generosità. Anche chi è stato amato ha perduto tesori a sua disposizione di cui forse non ha mai saputo nulla, destinati a scomparire appena l'altro è disintossicato. Quella volta, ci siamo impoveriti entrambi, amico mio.

A cosa servono gli amori infelici
Gilberto Severini
Playground, 2011

Giulia Cavaliere

4 commenti:

  1. Ne ho letti due*, di libri quest'anno candidati allo Strega 2001, e secondo me entrambi non meritano di vincere.

    * Questo e La vita accanto di Mariapia Veladiano

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  2. Beh dai, in questo caso siamo ben lontani dall'Avallone che per tre voti l'anno scorso non vinse. E'un'opera molto interessante. Abbiamo a che fare con uno scrittore, non con un piccolo fenomeno pompato dai media di settore.

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  3. Starei quasi per scrivere che se lo giudichiamo facendo un raffronto con l'anno scorso, allora sì... ma metto a tacere la mia "snobberia" a priori, visto che il libro dell'Avallone non l'ho letto.

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  4. io invece l'ho letto prima che diventasse un cult e ancora prima che venisse candidato allo Strega. L'ho letto perchè attratta dalle storie ambientate tra le lamiere, fanatica della vicenda urbana, diciamo così. Inutile discutere del risultato, costruito da editor, imbarazzante nei cambi repentini di registro e nella gestione spesso patetica - nel peggior senso del termine, della vicenda...

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